Arena, la privatizzazione in agguato
Non si ferma il pressing per creare un'alternativa
"liberistica" alla Fondazione, nonostante sia stata intrapresa la
strada del risanamento, con durissimi sacrifici per i dipendenti. Ma in questo
modo la stagione al Filarmonico verrebbe buttata alle ortiche e Verona sarebbe
una città culturalmente viva solo durante i mesi estivi. E la mancanza di
stabilità sarebbe il "de profundis" per la qualità artistica
di Cesare Galla - 5 luglio 2016
Una quarantina di serate operistiche in Arena procurano,
salvo sfracelli, incassi anche di molto superiori ai 20 milioni. Se chi
organizza è un privato impresario, può benissimo stare nelle spese. Anzi,
guadagnarci, specie se l’orchestra e il coro sono raccogliticci e si
accontentano di poco per tre mesi di lavoro estivo, se le cosiddette “masse
artistiche” (comparse e figuranti vari) sono meno numerose e soprattutto meno
costose di adesso grazie al “libero mercato”, se le regie sono al risparmio, se
i cantanti e i direttori sono di miti pretese. Quanto questo bel quadretto
abbia a che fare con la musica, la cultura in senso generale e perfino la
tradizione (che s’invoca solo quando fa comodo, sennò, spazio all'innovazione!)
è presto detto: poco o nulla. La ghiotta torta aprirebbe la strada alle
“spedizioni punitive”, come si chiamavano una volta gli spettacoli “privati”
abborracciati e impresentabili.
Eppure, di ciò si discute a Verona durante questa estate
2016, nata sotto infausti auspici e raddrizzata solo all'ultimo momento: della
privatizzazione dell’Arena. Non della Fondazione, si badi bene. Fra i tre
professionisti che cavalcano questa sciagurata ipotesi con una pervicacia degna
di miglior causa, due sono avvocati e sanno troppo bene che non è questa la
road map giuridicamente possibile. No, i tre (Lambertini, Maccagnani e Manni)
partono dal presupposto che la mela cada dall'albero perché marcia, ovvero che
la Fondazione sia chiusa e liquidata. A loro poco importa chi siano i
responsabili di questa deprecata e per ora scongiurata ipotesi. Né si curano di
considerare che esistono altre Fondazioni (ovvero altre strutture
giuridicamente e produttivamente analoghe) che invece viaggiano benone e non
hanno la voragine di debiti accumulati a Verona. Disinvoltamente scambiando
l’effetto per la causa, predicano la loro ricetta solo genericamente liberista,
in realtà apparecchiando la tavola per i soliti noti, enti e poteri economici
locali. Che potrebbero nella loro ipotesi sbarazzarsi in un colpo solo di ogni
fastidiosa stabilità artistica, della problematica stagione invernale al
Filarmonico, sempre in rosso, di tutte le criticità nella gestione dei
dipendenti.
Con la benedizione implicita del sindaco Tosi, che
intravvede un utile politico anche a livello nazionale, la privatizzazione
dell’opera nell'anfiteatro è diventata argomento all'ordine del giorno qualche mese fa, mentre la Fondazione implodeva, piegata dai debiti, dagli sprechi e
dalle ambiguità contabili della sua mala gestione. Un caso unico di
insensibilità, anzi di infedeltà a un patrimonio culturale non solo veronese ma
italiano, europeo. E d’altra parte, unico è stato anche il caso di un sindaco
che ha sostenuto a spada tratta la liquidazione coatta della Fondazione e ha
dovuto mandare giù il salvataggio orchestrato dal commissario straordinario
mandato da Roma per salvare il salvabile.
I “privatisti” sono stati zitti un paio di mesi, poi, a
festival estivo iniziato, hanno ricominciato a martellare. Se la crisi della
Fondazione fosse una guerra, con lo Stato impegnato in una difficilissima
“campagna” estiva, una simile attività finirebbe accusata di disfattismo. Anche
perché, ballano i milioni del Fus (12, 13 o 14 che siano), che la chiusura
delle attività al di fuori dell’Arena falcerebbe irreparabilmente. Ma la crisi
non è una guerra, e i “privatisti” proseguono la loro campagna, amplificata dai
mezzi d’informazione. Ormai sono ai ferri corti con parte dei sindacati e con
la sinistra oltre-Pd. Ma non se ne curano, e ribattono con curiale distacco.
Intanto la totale assenza di qualsiasi bozza di programma per le attività al
Filarmonico è un pessimo segnale sulla possibilità di sussistenza della
Fondazione. Se la mela cadrà dall'albero, nel giro di pochi mesi Verona rischia
di vedersi ridotta – bene che vada – a una specie di città festival per
l’estate: due mesi vivaci e per il resto un deserto. Che chiameranno cultura.
fonte: http://www.cesaregalla.it/2016/07/05/arena-la-privatizzazione-in-agguato/
pubblicato anche su www.vvox.it con il titolo:
Arena, se fosse guerra sarebbe una disfatta.
Caso unico (per fortuna) di un sindaco, Tosi, che ha sostenuto a spada tratta la liquidazione coatta e ha dovuto mandar giù il salvataggio orchestrato dal commissario straordinario.
pubblicato anche su www.vvox.it con il titolo:
Arena, se fosse guerra sarebbe una disfatta.
Caso unico (per fortuna) di un sindaco, Tosi, che ha sostenuto a spada tratta la liquidazione coatta e ha dovuto mandar giù il salvataggio orchestrato dal commissario straordinario.
Il guaio è che faranno di tutto non per risanare il mega debito,ma x incrementarlo! Invece di pensare ad una programmazione futura, organizzano una crociera. Evento che dovrà essere pagato e andrà ad aumentare il debito. I tre moschettieri della privatizzazione sanno bene come far muovere le pedine dei piani alti all'interno della fondazione in modo che il debito aumenti
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